#GoliardaSapienza100

Il 10 maggio 1924, a Catania, nasceva Goliarda Sapienza.
La scrittrice più postuma che io abbia mai incontrato nella mia lunga carriera di lettore. Dal destino postumo, se andiamo a rileggere attentamente le sue pagine private e se mettiamo accanto a queste quelle dei romanzi e di ogni altro scritto nato per essere pubblicato. Aleggia sempre tra le sue righe questa sensazione che nulla debba accadere nell’istante stesso in cui viene scritto e quindi prossimo a essere pubblicato. Anche la lotta fina allo sfinimento per vedere pubblicato il suo romanzo capolavoro porta in sé in realtà il germe della posterità: lo porta nella caparbietà di non volere sacrificare una singola pagina, o smussare un angolo, una virgola, per la paura di snaturarsi; che è come dire “finché ti terrò così come sei, nessuno ti toglierà a me”.
E forse risiede in questo destino di scrittrice postuma una delle cifre del suo fascino e della sua fortuna. L’altra cifra è l’idea di una donna cosciente di avere il diritto di fare sentire la voce ricevuta dalla vita.
E questa è la cifra che immediatamente è stata riconosciuta all’estero (sempre la Francia e la Germania), per ragioni di progresso civile e culturale che segnano da sempre la differenza con l’Italia.
Il mio personale incontro con la parola di Goliarda Sapienza, però, non è avvenuto con le pagine del romanzo suo per antonomasia: è avvenuto prima con Lettera aperta (il non-romanzo che più amo) e immediatamente con le poesie di Ancestrale, ossia con gli estremi in un certo senso: il primo libro suo edito in vita e ciò che di più postumo esiste nella sua parabola di autrice ma che allo stesso tempo rappresenta l’inizio assoluto della sua dimensione di scrittrice.
Ho letto e riletto “Lettera aperta”, credo, almeno sei volte. L’ultima volta che ho riaperto L’arte della gioia ho arrestato la lettura all’inizio della seconda parte e il segnalibro è ancora là. Ancestrale? Ho due copie del libro: la prima è tutta un appunto, una sottolineatura, una correzione d’un primo appunto dove un primo giudizio lascia lo spazio a uno nuovo che nel frattempo è maturato e cresciuto in me; la seconda copia è pulita come non fosse mai stata aperta, ed è quella che invece apro quando voglio leggere una sua poesia senza “distrazione”. Sulle poesie di Ancestrale e in generale sulla poesia di Goliarda Sapienza si dovrebbe ricominciare da zero (e non raccontare la solita favoletta a ogni occasione), perché basta un niente per spostare la visuale in un’altra direzione.
Basta la foto di un foglio del manoscritto autografo di quella che sarà “A mia madre” per sentire l’esigenza di riscrivere la storia di questa singola poesia. Bastano quattro versi di una poesia di Maria Giudice, la madre di Goliarda, per capire come le parole e anche lo parte dello stile di ciò che sarà Ancestrale hanno un’origine precisa.
Oggi questa straordinaria donna avrebbe compiuto 100 anni.

1 Comments

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.